Chiara Marini: dal giornalismo all’insegnamento

"Il mio obiettivo? Cercare di trasmettere piccoli, grandi insegnamenti di vita".

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44 anni, viso sorridente e una gran passione per la comunicazione. La professoressa Chiara Marini, giornalista professionista, oramai da 13 anni si occupa di formazione e l’insegnamento è diventato il suo principale lavoro. Un lavoro che, in realtà, è soprattutto passione e sfida continua, per trasmettere ai ragazzi delle nuove generazioni non solo nozioni, ma anche valori che oramai sembrano perduti.

Professoressa, cosa voleva fare da grande?

“In realtà non avevo le idee chiarissime. A chi me lo chiedeva rispondevo: ‘La veterinaria’, non rendendomi conto effettivamente di cosa comportasse una simile professione. Quando mi resi conto che avrei dovuto misurarmi con la sofferenza degli animali, cambiai idea. Sono sempre stata una persona curiosa ed empatica, in grado di cogliere gli stati d’animo delle persone, motivandole e aiutandole a tirar fuori il loro meglio. Ancora studentessa universitaria ho iniziato a lavorare per ‘ReteBrescia’. Poi è arrivato il periodo milanese e sono diventata quella che si definisce una ‘bellezzara modaiola’. ogni sera una festa, con modelle, attori e prezzemoline. Nel frattempo ho svolto il mio praticantato come giornalista professionista, finché quel mondo ha cominciato ad andarmi stretto. Il resto è storia…”

Appunto: lei nasce come giornalista. Come si è ritrovata dietro a una cattedra?

“Be’, la passione per la nostra amata lingua italiana è rimasto il filo conduttore. Continuo a scrivere da free-lance, ma i ‘giri della vita’ a volte sono incredibili. Dopo anni passati in redazione a Milano, una serie di fatti si sono perfettamente incastrati e improvvisamente mi sono ‘ritrovata’ dall’altra parte della barricata, dopo anni da studente. Da docente faccio sempre comunicazione, anche se in modo diverso, forse più diretto, sicuramente più creativo: è difficile che riproponga di anno in anno la stessa lezione allo stesso modo. Mi piace ‘inventare’ sempre nuove modalità per coinvolgere i ragazzi, a volte forse sono un po’ teatrale, ma ai miei alunni piace così”.

Cosa le piace di questo lavoro?

“Adoro stare a contatto con i ragazzi: le loro insicurezze, i loro sogni, le loro passioni mi mantengono viva e mi fanno sentire utile ogni giorno. Quotidianamente cerco di trasmettere loro piccoli-grandi insegnamenti di vita: ok l’analisi logica e del periodo, ok l’ortografia e la grammatica, ma il mio obiettivo principale, in assoluto, è che i ragazzi imparino a stare al mondo da persone educate, con dei valori”.

Quali sono i valori che, secondo lei, vanno riscoperti dai giovani d’oggi?

“Sicuramente il rispetto, per se stessi e gli altri. La mia parola d’ordine, e a volte i miei alunni ‘mi prendono in giro’ perché ogni tre per due interrompo la lezione per dirla, è: RISPETTO! Troppo spesso le ragazze ‘svendono’ i loro corpi per ingenuo esibizionismo, sui social network. E troppe volte i ragazzi si mancano reciprocamente di rispetto: non ascoltano le opinioni dei compagni, vivono di pregiudizi e ‘bullizzano’ i più deboli per farsi forti”.

Che studentessa era?

“Non ero una secchiona, assolutamente: studiavo quanto bastava  e arrivavo sempre a una dignitosa sufficienza. Sono stati anni difficili quelli del Liceo: ero insicura, non mi piacevo, avevo mille paranoie… Non tornerei indietro a quegli anni per nulla al mondo. E’ per questo, forse, che sono così vicina ai miei ragazzi: mi fanno tenerezza e mi rivedo in loro. E’ anche vero che i giovani d’oggi non sono come i giovani di ieri: noi avevamo più rispetto dell’adulto, eravamo più inquadrati rispetto a ciò che bene e ciò che è male. Il confine, oggi, è molto più labile: cose apparentemente innocenti possono avere ripercussioni pesanti e conseguenze inimmaginabili. I ragazzi d’oggi mi sembrano più in pericolo: sembrano più spavaldi, cresciuti prima, ma questo li espone a maggiori rischi”.

Qual è la cosa che più in assoluto la fa infuriare da docente?

“La sfida e la mancanza di rispetto per il mio ruolo. Purtroppo tanti ragazzi utilizzano queste modalità con i prof, ma sono proprio quelli che più hanno bisogno di attenzioni. Sia come madre che come insegnante, tengo a poche regole, ma ci tengo. E non transigo. Non tollero che non mi si dia del ‘Lei’, così come non tollero che mi si risponda male”.

Qual è il complimento più bello che ha ricevuto dai suoi alunni?

“Ho avuto tante manifestazione di affetto e stima, in tante forme: c’è il ragazzo che mi regala un evidenziatore particolare; quella che mi chiede un consiglio personale, magari facendomi leggere la lettera d’amore per il fidanzatino, chiedendomi ‘se poteva andare bene’; c’è chi, infine, me lo dice direttamente, magari in un momento inaspettato, durante una lezione: ‘Profe, lei è sempre sorridente, trasmette positività, sua figlia è fortunata…’ E qui chiudo…se no mi commuovo!”

La classe II acconciatura, CFP Desenzano